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mercoledì 30 gennaio 2013

La Forma dell'Acqua

Ho scritto un libro come testimonianza di un viaggio a risalire la Brenta. Risalire un fiume è un'esperienza superba: ho cominciato con la Piave nel 2010. Adoro camminargli accanto, incontrare i suoi affluenti, vederlo ringiovanire mentre risale le montagne e torna torrente, poi guadarlo e sentire le diverse qualità delle sue rive, destra e sinistra. Mi immagino il corso del fiume come un bel vecchio dalla lunga barba. Appena succede qualcosa in qualche punto lui se ne accorge subito: "chi mi tira la barba?". Quanta saggezza in questi fiumi, quanti colloqui nel loro frusciante Silenzio.
Ho intitolato il viaggio "La forma dell'Acqua" perché è questo il mio augurio per l'umanità in evoluzione: che sappia prendere la forma dell'acqua, sappia cambiare e adattarsi umilmente. Che ciascuno, come una singola goccia d'acqua, sappia intuitivamente dove andare. Due gocce d'acqua si incontrano e cominciano a fluire, poi si fondono ad altre e scorrono in ruscello, poi torrente, in fiume, lago e infine mare. L'acqua trova sempre la sua strada, sopra o sotto la terra, sa essere dolce e paziente ma inarrestabile. Ma soprattutto la preziosa acqua sostiene tutte le forme di vita di questo pianetino blu.
Un'amica mi ha chiesto a bruciapelo: "ma cosa cerchi in questo viaggio lungo la Brenta?". Dopo un paio di tentativi di aggirare tanta schiettezza ho dovuto ammettere "il coraggio". Il coraggio di manifestare ciò che sento e di essere fedele al me stesso di oggi, in perenne mutamento. Noi esseri umani siamo come i fiumi: il nome resta sempre lo stesso ma l'energia che ci attraversa si rinnova continuamente (pensieri, emozioni, intuizioni...). Forse anche noi abbiamo un percorso già segnato, una specie di destino che ci porta esattamente dove desideriamo arrivare per ritornare a confonferci col grande mare cosmico.
Più che un viaggio è stato un pellegrinaggio per me che sono così innamorato di Francesco d'Assisi e Antonio da Padova. Un pellegrinaggio verso il cuore delle terre che amo, da Chioggia per Padova e su su verso Bassano e il Trentino. Cercavo il coraggio di aprire un ospedale per le piante a Mestre, il Verde Ospitale, che ho poi inaugurato al ritorno (vedi www.AmicoGiardiniere.it) . Il coraggio di cambiare il mio stile di vita per stare vicino alla terra. Il coraggio di accettare le mie ombre, senza rinunciare a seguire la luce.
Comincio venerdì una serie di presentazioni pubbliche del libro. Sono occasioni per incontrare chi sente, come me, che è necessario mettersi insieme per risanare la terra, che non ci sono alberi, acque, lagune di destra o di sinistra perchè questo bel pianeta e la sua vitalità, che tutti ci invidiano nell'universo, è il nostro bene comune. Imparando ad accordarci tra noi nel nome del rispetto per la casa comune potremo imparare a diventare più umani. Ma il rispetto non basta! Dobbiamo reinnamorarci profondamente e desiderare il meglio per questa vecchia madre Terra piena di rughe e tumori che noi abbiamo provocato, spesso inconsapevolmente.
Ecco le prossime date della presentazione del libro. Venite all'acqua e scorriamo insieme! Be water!

Venerdì 1 febbraio, h 21, Chioggia, Palazzo Goldoni, Rione Duomo 307. Al mattino sarò anche ospite a Radio BCS alle ore 12 per parlare di acqua e ambiente.

Domenica 17 febbraio h 16, Serravalle di Vittorio Veneto, spazio Arco di Stella, Via Roma, 80

Sabato 23 febbraio, h 11, Mestre, presso Cani per Caso e Verde Ospitale, via P. Berna 3

Alle presentazioni potrà essere acquistato anche il libro ad un prezzo scontato: 8 euro (contro i 10)

Buona lettura e buona evoluzione.

Francisco

domenica 27 gennaio 2013

Quale sviluppo per quale turismo?

Ho assistito di recente ad una conferenza sul turismo organizzata da uno dei maggiori partiti nazionali. Speravo in una tavola rotonda, con la possibilità anche del pubblico di intervenire, chiedere, proporre. E' stata una qualificata serie di relazioni, per metà tenuta da vari esponenti di partito in clima elettorale e per l'altra metà da una serie di rappresentanti di categorie (albergatori, campeggi, balneari, studiosi di turismo). La seconda parte è stata nettamente quella più interessante ma sono rimasto molto, ma molto deluso, dalla quasi assoluta mancanza di una prospettiva sulla sostenibilità ambientale ma anche sociale del turismo. Tutti sembrano dimenticarsi che il mare, l'inquinamento, i residenti stessi d'inverno non vanno in vacanza!
Sciorinando dati statistici (in parte falsi, come ha precisato il professore universitario schiettamente) si è parlato del bisogno di strategie chiare, di livello nazionale, di favorire il marchio made in Italy, di sfruttare meglio i beni artistici del Belpaese, di formare meglio il personale, di investire in un settore che rappresenta l'8% del PIL (prodotto interno lordo della nostra economia, e precisamente quella "in regola"). La metafora più usata è stata quella del turismo come "petrolio italiano". Metafora purtroppo molto efficace, perchè il turismo di massa è un'industria pesante, al pari di quella petrolchimica. Inquina, favorisce la speculazione edilizia, consuma il territorio, disgrega gli equilibri delle comunità ospitanti quando le soverchia.
Gli addetti ai lavori hanno messo i politici davanti a un'agenda chiara: ridurre i costi della burocrazia, paragonata continuamente a una complicata e farraginosa macchina, semplificare la normativa, tutelare chi produce invece di ostacolarlo con continui adempimenti o cambiamenti normativi dell'ultimo minuto, reinvestire le eventuali tasse di soggiorno a favore del settore turistico invece di usarle per ripianare pericolanti bilanci. Più che incentivi gli imprenditori insomma hanno bisogno di essere messi in grado di lavorare, produrre, reinvestire in un quadro di riferimento giuridico chiaro e con una burocrazia collaborativa e non gelosa del suo crescente potere, spesso refrattario anche alla stessa dirigenza politica. Alcuni albergatori sottolineavano anche la scarsa quantità di "reapeater" qui in Veneto: ovvero i turisti spesso vengono trattati male e non ritornano. Ma cosa c'entra questo con l'argomento di questo canale su ambiente, alberi e territorio? Purtroppo niente. Purtroppo la coscienza che la salute del nostro ambiente è il più trasversale e primario dei bisogni, e quindi degli obiettivi, è lontano sia dagli amministratori presenti che da molti imprenditori.
Chiogga si confronta troppo spesso come una sorellastra minore a Venezia. Io amo Venezia, ma non ci vivrei mai: sia per il costo altissimo della vita, sia perchè mi soffocherebbe vivere in un "museo all'aria aperta". Io voglio vivere e contribuire a una comunità che evolve, che affronta le sfide sociali, economiche ma soprattutto ambientali di oggi confrontandosi sinceramente. Una comunità che inventa economia in armonia col territorio, senza svendere la sua identità, le sue risorse, la sua stessa anima per soddisfare un turismo usa e getta, da fast food e trancio di pizza, per quanto buona possa essere. Cara Venezia, venduta e resa schiava, dai tuoi stessi figli! Ciòsa Marina, la mia città, è diversa: può ancora scegliere cosa diventare, al contrario di Jesolo ad esempio. Ha ancora una sua identità autonoma, con o senza il divertimentificio estivo è ancora capace di produrre, commerciare, offrire servizi, creare nuove imprese nei settori più disparati.
Questa comunità, se saprà riconoscersi come tale, può essere orgogliosa di aver mantenuto un legame vivo con la sua tradizione marinara e contadina. Questa gente di laguna, tra terra e mare, potrebbe imparare a condurre la sua barca, anzi il suo bragozzo, usando come vela uno sviluppo capillare dell'offerta turistica fondata sull'unicità e sulla qualità ambientale del suo territorio, della laguna, del mare, dei fiumi che da qui partono. Allora vedresti rifiorire le campagne, ridurre la speculazione, alimentare itinerari in bicicletta, gustare i prodotti tipici che nessun altro ha, rilanciare il consumo e la cultura del pesce, godere le Tegnue e vivere il mare in tutte le stagioni.
Mio nonno Arturo portava subito dopo la guerra la famiglia in ferie dal Trentino alla spiaggia di Sottomarina, perchè quel vecchio saggio preside, era convinto che il mare e le sabbie di queste sponde avessero reali proprietà curative e salutari. Io ne resto convinto anche oggi ma chi ci vive sembra avere dimenticato che l'identità profonda di questo pezzo d'Adriatico è proprio offrire benessere naturale: mare, sabbiature, sport e yoga all'aperto, cibo sano, massaggi e altro ancora che potremo inventare e attirare qui. E ancora: il possibile ulteriore sviluppo del porto e delle darsene, se sapranno coniugare rispetto per l'ambiente e sviluppo della rete di canali, fiumi e ferrovie attorno alla città. Giacomo di Stefano ha navigato i fiumi d'Europa su una barca di legno, a vela e remi, di nome CLodia: è arrivato a Istanbul, l'antica Bisanzio che tanto ha contribuito alla nascita e allo sviluppo della cultura lagunare veneziana. Spero che sia un ottimo auspicio per uno sviluppo del turismo di qualità, slow perchè si gode il territorio e le relazioni.

Francisco Merli Panteghini
Mediatore elementare

martedì 22 gennaio 2013

Il Geòscopo di "Ciòsa Marina"

Dopo un anno di studi sono lieto di condividere questo primo "geòscopo" di Chioggia, ovvero un'analisi geomantica che utilizza il linguaggio dell'astrologia per spiegare le caratteristiche di un luogo (in questo caso la città di Chioggia Marina, ovvero gli attuali abitati di Sottomarina, Chioggia, Isola dell'Unione, Brondolo e S.Giovanni). Il Geòscopo serve a capire meglio l'influsso che imprime ai suoi abitanti,le energie di base e le predisposizioni di massima. La definizione del Geoscopo, in modo analogo all'oroscopo e allo studio della carta natale degli individui, si basa su una organizzazione spaziale in settori che ricalca le case zodiacali e prevede l'individuazione, con appositi studi e verifiche sul terreno, dei principali centri energetici cittadini e del loro influsso reciproco nella griglia di riferimento.
Dalle informazioni raccolte finora sembra che la struttura geomantica e anche identitaria della città abbia iniziato una fase di trasformazione negli anni Settanta del Novecento che si sta stabilizzando ora con l'emergere di una struttura integrata, idealmente centrata sulla laguna del Lusenzo. Prima di allora la struttura energetica dell'Isola di Chioggia era molto autonoma e connessa con il sistema lagunare, in cui svolgeva la funzione di pulizia, un po' come un rene. In seguito lo sviluppo di Sottomarina e la crescente interconnessione, suggellata dal completamento dell'Isola dell'Unione, ha portato all'emergere di una nuova struttura geomantica. L'energia delle strutture energetiche del paesaggio forniscono il substrato, la vibrazione di base di ogni paesaggio con una propria identità. Studiando la sua correlazione con le attività umane e i cicli naturali è possibile usarla come strumento di integrazione della pianificazione urbana e della lettura del potenziale nascosto o dei conflitti ricorrenti. La struttura geomantica è un po' come il palcoscenico in cui gli attori (umani, animali, piante ecc. ecc.) interagiscono.
La struttura e l'arredo di questo palcoscenico influenzano gli attori, umani e non, che potranno essere agevolati o ostacolati dalla struttura esistente anche se poco visibile. Immaginate ad esempio di voler recitare una tragedia greca con lo sfondo di un giardino zen giapponese: la recita sarà poco credibile e creerà molti problemi. Il copione dovrà essere quantomeno rivisto e adattato all'esistente, oppure lo scenario stesso dovrà essere laboriosamente trasformato. Cosa che è sempre possibile ma richiede una conoscenza e una chiarezza di intenzione mirabili che solo pochi mitici fondatori di città hanno dimostrato in passato. Per rendere più semplice la lettura del Geòscopo ho usato il linguaggio equivalente dell'astrologia che tutti intuitivamente conosciamo e che ci aiuta a comprendere giocosamente i concetti di base. Si potrebbe tradurre la mia analisi anche in termini geomantici (tempio del paesaggio, chakra della terra ecc.) o secondo la terminologia del Feng Shui (vene di drago, zone di ristagno ecc,).
Cominciamo dalla fatidica domanda? Chioggia Marina di che segno è? La risposta dei miei studi mi indica che la città è sotto l'egida del Sagittario. Il Sagittario è un segno gioviale, estroverso, amichevole, sensuale, avventuroso e caloroso, che ispira facilmente simpatia ma fatica a instaurare amicizie profonde. Il segno del Sagittario è governato dal pianeta Giove, il grandioso signore dell'Olimpo, a volte un po' spaccone a dire la verità. Il simbolo del Sagittario è la freccia del centauro, aiutante del segno è l'asteroide Chirone, che a Chioggia però si trova in posizione difficile, venando l'influsso del segno con una certa mancanza di sincerità e avventatezza. Come gli appassionati sanno bene il segno zodiacale offre alcune informazioni ma è molto importante conoscere anche l'ascendente per delineare il temperamento. L'ascendente di Chioggia è il micidiale Scorpione. La combinazione dei due segni, l'uno di fuoco e l'altro d'acqua bollente sviluppa potenzialità piene di ambiguità.
Da un lato la determinazione dello Scorpione potrebbe sfruttare in maniera costruttiva, per uno scopo preciso, l'irruenza del sagittario, affrontando l'evoluzione in modo deciso e risoluto, e soprattutto sostenendo la libera espressione dei desideri. Desiderio di movimento, libertà di pensiero, sensualità, carattere forte, piglio combattivo. Questo miscuglio di acqua e fuoco rischia però di diventare esplosivo in mancanza di un intento evolutivo chiaro. Emerge allora la parte distruttiva, rissosa e vendicativa. Nessuno dei due segni ama abbandonare il campo di battaglia o chiedere pace anche quando si accorge che sta sprecando le sue energie.
Il gusto della sfida e il protagonismo rischiano di prendere la mano e di farci imbarcare in avventure inutili. In mancanza di una buona dose di stimoli esterni che sappiano catalizzare l'attenzione l'energia di Chioggia tende a ripiegarsi in se stessa. Il difficile equilibrio tra l'ottimismo del sagittario e il pessimismo cinico dello scorpione crea continue tensioni e difficoltà a valutare le situazioni con calma e realismo, alternando visioni estreme tutto bianco/tutto nero. Di certo chi accoglie l'energia di questa città sviluppa una personalità forte, tende a essere in gioventù indisciplinato, ribelle e indipendente. Poi con la maturità diventa più conservatore ed è portato ad usare la voce del comando. Nonostante tutte queste caratteristiche apparentemente maschili l'energia profonda della città è femminile, acquosa e ricettiva. Il suo cuore è la laguna del Lusenzo. Deve però accettare di ricevere dall'esterno (dal mare ad esempio) gli stimoli per evolvere. Chioggia tende a definire la sua identità in contrapposizione o relazione con altre identità e vive con qualche ambiguità questo bisogno vitale.

Per altre informazioni o collaborazioni sui miei studi geomantici sulla città scrivetemi.

Francisco Panteghini
Mediatore Elementare
Consulenze di Ecologia Olistica

domenica 20 gennaio 2013

La poesia del mare, anche d'inverno

Da quando vivo qui, a due passi dal mare, non perdo occasione di andare a godermi questa energia primordiale. Mi sono sempre stupito di come, fuori dalla stagione turistica, tutto il litorale venga chiuso, abbandonato, trascurato. Forse che il vento non soffia a ispirare nuovi pensieri d'inverno? o che il sole non sorge con la sua meravigliosa tavolozza a dipingere il cielo sul mare? Perchè mai perdere contatto con una delle fonti primarie di nutrimento, economico ma anche culturale e, permettetemi, spirituale per metà dell'anno?
L'amica Debora mi ha scritto indignata per la sporcizia che il mare rimanda sulla spiaggia. Mi ha chiesto di aiutarla a organizzare la raccolta delle immondizie, come abbiamo fatto con Germano Salvagno per la laguna del Lusenzo, e prima ancora con altri amici nel canal Vena. Mi ha scritto una frase che mi ha colpito e convinto: "Andiamo a ripulire la spiaggia prima che il mare se la riprenda". Pochi giorni dopo Piero Mescalchin ha pubblicato quel magnifico video di denuncia sul degrado delle Tegnue, ingolfate da reti da pesca, lattine, batterie e tutto quello che possiamo immaginare.
E allora avanti con la pulizia! La Veritas ci ha messo a disposizione guanti, sacchi per la differenziata e lo smaltimento del giorno dopo. Ci siamo ritrovati stamattina nonostante la pioggia, ma domenica 27 gennaio, alle 9.30 torneremo col sole e con tanti altri amici e amiche del mare. Abbiamo conquistato l'accesso alla spiaggia, raccolti in cerchio abbiamo bevuto del tè caldo e letto una poesia di Fernando Pessoa, un poliedrico poeta portoghese.
Sembra che sia una lotta titanica e insensata la nostra. Eppure nel cuore un calore si accende, desiderio di cambiamento, di condivisione, di comunità. Perchè aspettare la riapertura degli stabilimenti e la riaccensione dei riflettori del turismo di massa per tutelare il nostro mare? Noi che viviamo qui, tra terra e mare, o come suggerisce Giuseppe nella "Terra d'Amare", abbiamo tutto il diritto, il piacere e l'onore di poter godere questo tesoro impetuoso di onde.
Di quel tesoro fanno parte le Tegnue, la perla più preziosa dell'Adriatico. 25 km quadrati di scogliere e habitat unici. Meta di un turismo sommerso, questa volta senza frode fiscale però, di grande rilevanza. Custodiamo per noi e per tutti questi inestimabili tesori e sarà così che anche in noi troveremo, nello scrigno del cuore, il vero tesoro. Innamoratevi anche voi! Ci vediamo domenica prossima alle 9.30 al Granso Stanco!

Francisco Panteghini
Mediatore Elementare

martedì 15 gennaio 2013

LE TEGNUE:25 KM quadrati di BELLEZZA da PRESERVARE

E' un po' difficile per uno scarso come me non sentirsi un pelo intimoriti con un uomo come Piero Mescalchin, subacqueo da sempre, scopritore delle Tegnue,un appassionato pescatore che si converte di fronte alla bellezza e l'unicità del patrimonio al rispetto dell'ambiente quando ancora i verdi non esistevano ( come oggi del resto),inventore dei primi scafandri per telecamere e macchina fotografiche,e molto altro ancora cioè non un uomo qualsiasi ma una leggenda, un mito, una cosa grande. L'impegno di Mescalchin è stato, e continua ad essere, quello di salvaguardare quell'area di 25 chilometri quadrati caratterizzata da una bio-diversità incredibile, da una bellezza impareggiabile,se si guardano le riprese si pensa a qualche oceano del sud non certo dell'adriatico del nord. Eppure questa zona, bellissima, tra l'altro elemento importante per un'economia turistica di qualità, sono migliaia i sub che arrivano ogni anno, nonostante l'impegno di Mescalchin e delle istituzioni, dedicheremo un post ad hoc su quanto " ha fatto" il precedente sindaco, purtroppo continuano ad essere minacciate. La minacce consiste nell'inquinamento dovuto, in parte, presumiamo per comportamenti inconsapevoli in parte per l'idiozia che è insita nell'uomo. Come possiamo vedere nel bellissimo video c'è un continuo abbandono di rifiuti: " Un'abitudine scellerata" rifiuti come possiamo vedere di diversi tipi: reti, platica, però in particolare c'è in abbondanza le reti reflue della lavorazione dei mitili, purtroppo miglia di pezzi. La nuova sfida di Mescalchin, di cui siamo onorati di compartecipare,è quella di utilizzare la rete ( quella di internet) affinché dalla base, dalla gente, dagli stessi pescatori che SONO SENSIBILI anche loro a questo disagio ambientale si possa arrivare ad una maggior educazione ambientale. Sappiamo che c'è un progetto preciso da parte di un gruppo di pescatori e di armatori in collaborazione con l'amministrazione per ovviare a questo tipo di inquinamento che avrebbe una soluzione SEMPLICE, i rifiuti raccolti dai pescatori con le reti dovrebbero essere PORTATI a terra e non RIBUTTATI in mare. Torneremo presto su questo tema, concludiamo, Piero Mescalchin, alla fine dell'intervista dichiara di sentirsi più Chioggiotto che Padovano...io penso veramente che il sindaco dovrebbe dargli la cittadinanza onoraria.

domenica 13 gennaio 2013

I doni della Beròla

Anche quest'anno la Beròla (la cugina ciosotta della Befana) ha riportato in dono giorni di secca che hanno svelato molti tesori sommersi e occultati dall'acqua. Passeggiando in canal Vena si potevano ammirare, oltre alle solite immondizie, relitti ben più curiosi: una romantica barca sommersa, skateboard, telai di biciclette, ombrelli, cassette per gli attrezzi e altro ancora.
Si potrebbe organizzare una gara annuale di "pesca l'impossibile" per celebrare come trofei queste testimonianza della nostra stupidità? Qual è il senso, al giorno d'oggi, di usare la laguna come discarica? Lei che ci nutre, che rende unica questa città, questo scrigno di civiltà lagunare al tramonto.
Molti parlano della cultura veneziana, della sua architettura, delle sue antiche galee e dimenticano che Rivo Alto e le isole attorno (ovvero il nucleo centrale della futura Venezia) nacque come centro amministrativo e commerciale della civiltà lagunare. Venezia divenne come la perla di un'ostrica, si decanta il valore della perla ma si trascura di far vivere e prosperare l'ostrica, ovvero quel tessuto vivente di mestieri antichi, frutti della laguna, orti e mare.
Oggi l'antica cultura lagunare rischia di scomparire, tra Mose, dismemoria, turismo di massa e relativo moto ondoso si distrugge la vitalità della laguna, si scompaginano le vecchie comunità e le attività tradizionali. Dove sono finiti gli orti di S.Erasmo o di Sottomarina? Dove le vigne delle Vignole? E le valli da pesca? Nelle pieghe dell'autodistruzione etichettata come "sviluppo" restano memorie e sassolini che indicano ancora la via per tornare a casa, come nelle fiabe.
La Beròla mi ha portato in dono un'altro di questi sassolini: gli orti dell'isola di Saloni. Nelle antiche e vecchie mappe quest'isola si mostrava piena di verde, orti e, anticamente, saline. Oggi, proprio accanto allo yachting club sopravvive ancora, come il villaggio assediato di Asterix, un pugno di ortolani che qualcuno vorrebbe estromettere. Speriamo che gli abitanti della città non lascino svanire sotto l'ennesima colata di cemento un prezioso sassolino per ritrovare la strada di uno stile di vita in armonia con l'ambiente.
Speriamo che di ricordarci l'origine della parola "campo": quando le piazze erano prati, coltivati in parte, con alberi da frutto come si vede ancora sull'isola della Giudecca. Questa Beròla mi ha portato anche altri regali, anzi ne ha portati via... come quella fioriera spezzata e vuota che si pavoneggiava da quasi due mesi accanto al Duomo. Merito di qualche e-mail partita da un gruppo di amici: una letterina alla Beròla appunto, che ormai sembra l'unica a rispondere alle richieste dei cittabambini.

Francisco Panteghini
Mediatore Elementare

sabato 5 gennaio 2013

I giardini formano il paesaggio cittadino

Ho vissuto intensamente questi 7 anni di lavoro, studio e ricerca sui giardini. Ho fatto una gavetta intensa: sono diventato manutentore, poi operatore del verde, giardiniere responsabile di un parco, giardiniere in proprio, arboricoltore, progettista, geomante, consulente e formatore. La mia visione del verde urbano si è mano a mano ampliata: dal giardino al parco storico, dai parchi pubblici alle aiuole stradali, dai fossi di scolo alle terrazze fiorite. Mi sono messo ad osservare con interesse persino le aree dismesse e le erbe pioniere che tenacemente crescono nelle crepe dell'asfalto. Tutti questi scenari, così diversi, si sono integrati nella visione possibile di un paesaggio densamente antropizzato. Un paesaggio capace di ospitare ampia biodiversità e di svolgere funzioni ecologiche che sono state sconvolte dalle nostre lottizzazioni, dalla gestione meccanizzata delle campagne e dalle nostre infrastrutture, soprattutto quelle degli ultimi 100 anni. E' molto importante acquisire una visione storica e ecologica del territorio: così può trovare pace il catastrofismo. E' ora di seminare speranza e di costruire il nuovo paesaggio armonico.
I processi naturali non conoscono la parola fallimento o fine, sono in continuo mutamento, più che cicli chiusi e ripetitivi sono spirali in continua evoluzione e cambiamento. Diceva una grande verità il saggio cinese Lao Tzu quando affermava che l'unica costante osservabile sul piano materiale dell'esistenza è il mutamento continuo. Gli faceva eco negli stessi anni (circa 2500 anni fa), con sfumature originali e ricche di insegnamenti, il greco Eraclito. Ho sperimentato questa verità in molti contesti, in particolare quando mi sono preso cura per anni di un preciso pezzo di terra. Si crea un rapporto di interazione continua che può arricchire o impoverire l'insieme. Inoltre, nei cicli naturali, non esistono confini delimitati ed esclusivi come quelli che tracciamo tra il "mio" e il "tuo". Là dove territori diversi si incontrano ci sono aree di transizione, membrane più simili a quelle cellulari che alla muraglia cinese. Aree di incontro, scambio, filtro e regolazione. Applicando questo approccio ai giardini emerge una nuova prospettiva: se guardo oltre la siepe mi accorgo che tutti i cicli viventi che si svolgono nei miei confini fanno parte di scambi ancora più grandi e in grado di influenzare tutto il paesaggio intorno.
Le nostre piante producono ossigeno per tutti e fissano l'anidride carbonica e altri inquinanti senza chiedere da dove vengano. Insetti, uccelli, roditori e piccoli rettili si spostano tra i giardini come oasi in mezzo al deserto. Spesso però trovano cibo avvelenato: gli insetti che sono la base di un'ampia catena alimentare vengono perseguitati e avvelenati, portando le macabre conseguenze di questa implacabile lotta alla vita biologica nella pancia dei loro predatori uccidendoli (le colorate cince, le coccinelle, le agguerrite vespe e altri ancora). Ancora più amara la sorte degli insetti che si nutrono dai nostri fiori: api, farfalle e altri impollinatori cadono stecchiti per i nostri trattamenti contro afidi e bruchi (che sono le stesse farfalle in uno stadio di sviluppo precedente). Attualmente se analizziamo il quartiere di una città scomposto nei brandelli in cui lo suddividono i confini di proprietà troveremo un numero ristretto di varietà, qualche albero troppo potato, siepi monospecifiche, prati concimati e tagliati corti corti, aiuole di piante esotiche tanto di moda. Sempreverdi in abbondanza, che ci illudano che il tempo non passa.
Carini questi giardini fatti con lo stampino e con le piante tanto di moda. Carini ma poveri, monotoni, composti da piante fragili. Per tenere "tutto in ordine" le piante che formano le siepi sono potate 2-3 volte l'anno come muri verdi e non riescono a fiorire (addio nettare) e neanche a produrre bacche (addio cibo invernale). Nei prati tagliati tutte le settimane non si sviluppa la ricca varietà di erbacee da cui le nostre nonne sapevano trarre cibo e medicina. Guai se il tarassaco o il trifoglio fa capolino tra i fili di graminacee (poa, festuca e poche altre). I giardini vengono spesso scolpiti e modellati come fossero architetture minerali e perenni. Fino a quando saremo così freddi e schematici sarà impossibile innescare la formazione di un nuovo paesaggio armonioso in cui ogni proprietario diventa custode di un bene più prezioso e più vasto del suo giardino: custode dell'intero paesaggio vivente in cui vive, lavora, alleva i suoi figli e muore. E sì, muore. Mi dispiace ricordare questa incresciosa condizione ma qui sulla Terra tocca a tutti lasciare il corpo, i soldi, la casa ecc. ecc. Lasciamo il posto a qualcun altro.
Perchè allora non cominciare a riscaldare col nostro cuore una visione più ampia e accogliente, che includa noi, i nostri antenati, i nostri discendenti, gli alberi, le api e gli uccelli? Perchè non guardare curiosi oltre la siepe e chiedersi semplicemente come possiamo interagire positivamente con tutto il paesaggio attorno? Se diventassimo più tolleranti con insetti, uccelli e altri animali? se coltivassimo siepi miste (inserendo anche biancospino, ligustro, corniolo e altre specie boschive) e le lasciassimo sviluppare in forme più libere che possano fiorire e far bacche? Se lasciassimo un angolo di prato tranquillo, da sfalciare una volta l'anno. Prendiamo le cose con più calma, nutriamo gli uccelli d'inverno, raccogliamo erba e foglie in un angolo a compostare e ridiamo quello stesso materiale alla siepe, agli alberi e alle aiuole. E se ci fermassimo a scoprire le sorprese che la nostra gestione più rilassata ci porterà? Allora, da questi angoli della città, si formerebbe un tessuto contagioso di cibo, semi volanti, fertilità che contagerebbe il grigiore attorno e ci insegnerebbe forse a goderci ogni stagione della vita, anche quel lento tramonto che ci prepara all'ultimo viaggio.

Testi e foto di Francisco Panteghini
Mediatore Elementare
Consulenze di Ecologia Olistica

martedì 1 gennaio 2013

Nasce sottovoce il bosco del Lusenzo

Un'amica mi ha segnalato ammirata che vicino al Lusenzo, tra vecchi orti abbandonati, si sta sviluppando un boschetto che attira uccelli di ogni tipo, dalla gazza alla civetta. Stupito e curioso sono andato a indagare e ho realizzato questo reportage per segnalare alla cittadinanza, ai proprietari e alle autorità competenti la bella evoluzione di quest'angolo di paesaggio agreste alle spalle della super urbanizzata e soffocata Sottomarina.
Trovare il bosco ha richiesto un'attenta perlustrazione che mi ha fatto scoprire qualche orto ancora coltivato con amore in mezzo alla distesa desolata dei vecchi campi, un'area di almeno 7-8 ettari. Le aree abbandonate si sono riempite di prato alto e giovani canneti. I casoni sono derelitti e mancano sentieri per accedere alla proprietà. I rovi stanno colonizzando ampie aree dando rifugio a numerose specie di silvidi (passeri, cince, pettirossi ecc.). E' diventato un ideale terreno di caccia per gatti intraprendenti.
Finalmente individuo il boschetto in lontananza, protetto da una folte siepe di rovi. Cerco a più riprese un percorso per penetrarvi e capire le specie presenti. Da figlio di contadini nutro qualche pregiudizio verso i rovi, che qui abbondano, ma da un punto di vista ecologico offrono un'ampia gamma di servizi: cibo in estate, abbondanti fioriture, riparo ai nidi, tane e aree di caccia.
Cercando un varco nella intricata barriera mi viene in mente la fiaba della "Bella del Bosco Addormentato" (la Belle au Bois Dormant), dove un bosco fitto di rovi protegge il castello incantato. La mia Ricerca sembra fallire ma un grande cespuglio di rosa canina mi sorride con le sue splendenti bacche rincuorandomi.
Giro e rigiro, seguo sentieri incerti, varco il prato alto e gelato. Entro intravedo un'area di colonizzazione di giovani alberi, li scruto attentamente. Sono aceri negundi, veloci e agguerriti conquistatori. Vicino ai vecchi fossi di scolo qualche pruno e salice vivacchia ma negli spazi aperti solo l'esuberanza dei giovani può fronteggiare la concorrenza di prato, rampicanti e canne.
Finalmente si apre una pista che mi porta nel cuore del boschetto. Qualcuno ha aperto un passaggio, ha tagliato alcuni alberi per dare vita ad una piccola radura. Mi trovo circondato da giovani robinie (Robinia pseudoacacica, gasia) che hanno colonizzato in modo sistematico una piccola area. La robinia ha una grande capacità di diffondersi grazie ai polloni nati dalle radici. Prima le piante anziane allungano gli apparati radicali, poi fanno scaturire giovani virgulti che formano macchie pure.
Qualche albero morto offre cibo a funghi e insetti parassiti del legno, cibo squisito per gli uccelli insettivori. Individuo il nuclero orginario del boschetto: una decina di robinie di una trentina d'anni. Quello è il centro nevralgico di un unico cervello fatto di apparati radicali collegati e pollonanti che formano questo bosco puro e ispido di spinose robinie.
Ho trovato anche una bella sorpresa: un maturo acero negundo pieno dei suoi famosi semi ad aliante con un bel nido di gazze. Mentre noi lottizziamo e cementifichiamo le energie vitali cercano di infiltrarsi: erbe pioniere crescono nelle fessure dell'asfalto, boschi nascono spontanei negli orti abbandonati. Spero che quest'area sia stata individuata come strategica per lo sviluppo verde per Sottomarina, che ha un gran bisogno di prati, alberi, orti e anche qualche casetta con giardino.
Negli ultimi vent'anni la popolazione di Ciòsa Marina (dati censimenti ISTAT 1991 - 2011) è calata del 10% scendendo a poco più di 50.000 residenti. In una fase di contrazione demografica, dopo anni di espansione edilizia caotica, sarebbe ragionevole centellinare le autorizzazioni a costruire, incoraggiare la riconversione e la ristrutturazione, facendo inoltre tesoro delle vecchie aree rurali e della grande tradizione agricola locale che ha visto negli orti uno dei suoi gioielli.

Francisco Panteghini
Mediatore Elementare
Consulenze di Ecologia Olistica

Foto e testi di proprietà dell'autore.